Recuperare gusto e semplicità

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Commentavo qualche giorno fa i dati di una ricerca Eurispes sulla povertà delle famiglie italiane (qui). Oggi è uscito un altro studio interessante sulla povertà soggettiva in Italia e in Europa, condotto dall’Istituto di studi e analisi economica (ne dà notizia il Corriere)

I risultati: il 74% degli italiani si sente povero mentre secondo le cifre ufficiali è solo l’11,1%  ad esserlo oggettivamente.

All’estremo opposto troviamo i paesi scandinavi: nel 2004 la percezione soggettiva di povertà andava, in quei paesi, dall’11% al 16%.

La soglia di povertà soggettiva, spiega la ricerca, è «la percezione degli individui circa l’adeguatezza del proprio reddito famigliare per condurre una vita considerata dignitosa, cioè senza lussi ma senza privarsi del necessario».

Che cosa è necessario ? Quanto di ciò che viene considerato necessario da quel 74% lo è davvero o non è piuttosto indotto da stili di consumo e comportamentali basati sullo spreco, sull’inutile, sul superfluo ? Quanto di ciò che è necessario viene fornito agli abitanti dei paesi scandinavi da amministrazioni pubbliche che spendono bene le tasse che vengono pagate da tutti, in misura forse superiore all’Italia ?

Da un lato è normale, ovvio direi, che una percezione soggettiva di povertà sia più diffusa tra coloro che hanno un livello di studio più basso e abita al Sud, ma uscendo dall’ovvietà economica e di disponibilità di servizi, quanto di questa percezione è legata al maggior asservimento a modelli culturali che il nostro sistema televisivo diffonde in modo martellante da almeno quindici anni ?

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